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50 oggetti che hanno fatto la storia del Salone del Mobile di Milano

Sep 06, 2023Sep 06, 2023

Al di là di ogni prevedibile e irrilevante revival, sembra comunque impossibile o quantomeno obbligato trovare un qualche collegamento tra una poltrona Float degli anni '60, un divano di Zaha Hadid e una lampada-lampada di Formafantasma. Esiste ancora un legame, multiforme e ramificato, fatto di tutte le epoche, le emergenze e le tendenze stratificate negli oggetti con cui il design italiano e internazionale ha riempito case, strade, spazi individuali e spazi condivisi. In più di 60 anni il Salone del Mobile con i suoi eventi figli ha rappresentato tutte queste epoche, emergenze, tendenze; e Domus è sempre stata lì per narrare, criticare, analizzare e decostruire altrettanti.

Tappe e pagine di recensioni, anteprime, interviste, discussioni, selezioni – perfino una cena – hanno svolto negli anni una doppia missione: miravano, al momento dell'uscita, a orientare il gusto, il pensiero e gli acquisti; ma un attimo dopo, cristallizzerebbero subito nuovi passi della storia, come zanzare nell’ambra. Ed è di Storia che parliamo, storia collettiva, ben oltre le nostre storie individuali: storia per oggetti.

Dopotutto, nell’orgia del decluttering, la mania di evasione di sbarazzarsi degli oggetti che ha monopolizzato il mainstream odierno – per quanto possa sembrare in via di svanimento più recentemente – come potremmo seriamente affermare che la storia e le storie non dipendono dagli oggetti? ? Se l'esistenza di un'intera disciplina – la storia materiale – non bastasse a convincerci, potremmo allora tuffarci nell'ambito individuale e pensare a quel Kemal, il personaggio di Orhan Pamuk che mi piace spesso ricordare, che raccoglie e accumula tutti gli oggetti toccati dalla gli episodi del suo amore ossessivo e sofferente – dalla Chevrolet incidentata ai mozziconi di sigaretta – per raccoglierli in un Museo dell'Innocenza. O forse dovremmo pensare di più allo stesso Pamuk, che poi realizzò quel museo, ma questo è un altro discorso.

Partendo da queste domande ci siamo lanciati nell'impresa, alquanto improbabile, di individuare nei nostri archivi 50 oggetti che potessero raccontare più di sessant'anni di Saloni, di Domus, ma soprattutto di storia. Il risultato è un paesaggio parziale, nei due significati che la lingua italiana attribuisce a questa parola, parziale: parziale perché è coperta solo una parte dell'intero mercato del design (la fonte era strettamente l'archivio Domus, quindi, come accade in gli archivi più importanti, molto spesso oggetti che daremmo per scontati in realtà mancano); parziale proprio per questo, perché un archivio è di per sé testimone e prodotto di un lavoro critico, di una scelta. È un prodotto delle mille diverse componenti che generano un'epoca, così come lo sono gli oggetti.

Questi 50 oggetti sono quindi 50 storie, pietre miliari del Salone perché o hanno debuttato al Salone, o il loro successo è stato convalidato al Salone – forse erano nati poco prima e non così lontano – o si è ritenuto necessario, sulle pagine di Domus, a preferirli, seppure outsider, a tutta la pletora di colleghi che invece erano esposti in fiera, apparendo però non sufficientemente incisivi, in quel momento, su temi riconosciuti come prioritari per la contemporaneità .

Questo è lo scopo principale di questi oggetti, selezionati dal nostro archivio: rappresentare temi, questioni che hanno di volta in volta plasmato il presente cercando di indicare una via per il futuro. Innanzitutto quella “cosa” che chiamiamo casa, divenuta “spazio abitativo” sempre più ibrido, decostruita dal design radicale negli anni '60, risistemata e messa in scena negli anni '80, disintegrata e atomizzata dagli anni 2000 digitali fino a non avere più una connotazione fisica nel millennio nomade e virtualizzato del multiverso; cos'è dunque l'industria, cos'è l'artigianato e cos'è l'arte; e ancora, man mano che la scala delle questioni si allarga alla scala globale piuttosto che a quella specifica dell'oggetto, le domande si spingono ad attraversare le pareti del Salone e le strade del Fuorisalone per attirare l'attenzione sulle emergenze e sui cambiamenti sociali e ambientali, che oggetto hanno avuto e dovranno confrontarsi, in un rapporto sempre più stretto e, si spera, sempre meno tossico.